Nel 1853 gli USA impongono l’apertura dei mercati all’Impero del Sol Levante e l’Europa viene invasa dalla grafica nipponica, che offre un nuovo modo di impostare la composizione. Il taglio verticale è decentrato dall’immagine, l’appiattimento bidimensionale, il pattern decorativo a campiture omogenee delimitato da un contorno nero diventano soluzioni basilari da Degas a Matisse .Questo è il primo, strutturalmente uso della nuova fonte, ma ne esiste uno anche meno condizionante: la citazione esplicita dell’elemento nuovo .Ecco allora xilografie di geishe, samurai e attori kabuki appuntate sul muro dello sfondo dei ritratti come un manifesto di poetica e un attestato di modernità.
Il Giapponismo ha caratteri antitetici alla chinoiserie di un secolo prima: se la c’erano horror vacui e capriccio, qui si cercano il nitore, la semplificazione e l’essenzialità. Nel romanzo Manette Salomon i fratelli Goncourt troviamo una stupenda descrizione dell’effetto prodotto da un pittore dalla contemplazione di stampe giapponesi: ” Una luce da paese incantato, una luce senz’ombra, luminosissima, si sprigionava per lui da quegli album di disegni giapponesi . Il suo sguardo penetrava nel profondo do quei frammenti color paglierino dove la silhouette degli esseri e delle campagne pareva immersa in un fluido d’oro, si perdeva nell’azzurro in cui le fioriture rosa degli alberi si dissolvevano, nello smalto blu che incastonava i fiori nivei dei peschi e dei mandorli, nei grandi tramonti purpurei”.