Il Cinquecento è il secolo d’oro del gioiello che, celebrato dalle correnti pittoriche di ogni parte d’Europa, narra l’evolversi delle forme del costume e delle sue valenze simboliche. Già alla fine del Quattrocento era delineato un nuovo equilibrio tra abito e gioiello che, ispirato alla statuaria classica, suggeriva che entrambi dovessero contribuire a valorizzare i volumi del corpo umano rispettandone le forme naturali.
Documenti visivi dell’eleganza di inizio secolo sono i ritratti fiorentini e romani di Raffaello, ma ancor più puntuali sono gli aulici ritratti di Bronzino ove ogni bagliore di gemme e oro viene reso con seduttivo perfezionismo. Pittori interessati al gioiello sono presenti ovunque nell’Europa del XVI secolo . A Venezia dipingono gioielli Tiziano, Lorenzo Lotto e Paolo Veronese, Brescia Moretto e Moroni, a Milano De Predis e Solario e in Emilia soprattutto Parmigianino. In Francia Clouet e i pittori attivi per Francesco I nel Castello di Fontainebleau, mentre in Germania Durer, Cranach e soprattutto Holbein, che fu anche elaboratore di interessantissimi disegni per monili. Crea gioielli Benvenuto Cellini insieme ad opere di oreficeria monumentale come la celebre saliera per il re di Francia Francesco I
Nella seconda metà del secolo avviene un sostanziale cambiamento del costume, documentato fedelmente dalla corrente ritrattistica internazionale. Nelle opere di Scipione, Pulzone ,Antonio Moro e altri, i personaggi reali in posa rigida appaiono paludati da velluti e broccati disseminati di pietre preziose, sui quali i complessi ornamenti mobili si confondono creando uno scintillante effetto omogeneo. Così ornati essi si trasformano in idoli terreni, incarnazioni della concezione assolutistica del potere reale ormai in incontrastata ascesa.