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Animali Esotici nell’Arte

Terra, 1566. Quattro Elementi – Giuseppe Arcimboldo

Al loro primo apparire a occhi occidentali, gli animali esotici furono recepiti in modi singolari, incarnando simboli variabili variabili: il loro percorso verso la verosimiglianza fu faticoso.

Il sapere pregresso condiziona enormemente la percezione: esso si sovrappone, fino ad obliterarla, alla visione del mondo. Non è detto che un’artista , trovandosi difronte ad un animale insolito, sia pronto a ritrarlo con attendibilità: spesso, soprattutto nel Medioevo, la fedeltà a un modello acquistato schiaccia l’ aderenza al reale.

Dal Quattrocento in poi sono frequenti “studi di vero” nei quali si registra una maggiore capacità di attenzione al dato concreto. A fianco di questo filone naturalistico, e ben prima di esso, troviamo gi stessi animaletti, – sebbene un pò irrigiditi e insigniti di un valore simbolico – in opere di soggetto sacro e profano.

Con affermazione Settecentesca del genere animalista di ascendenza fiamminga, prendono corpo iconografie che sono veri e propri repertori di fauna esotica:  per lo più l’artista, nello sforzo di emulare la ricchezza creatrice nella natura, si perde nella minuziosa resa di forme, colori, pellicce e piumaggi.

Alcuni animali risultano poi corredo necessario in scene di storia: cammelli e soprattutto dromedari sono un attributo fisso dei Maghi e gli elefanti- oltre ad essere il vanto di Annibale-sono i mostri del Re Poro, nemico indiano di Alessandro Magno.

Un animale usato quasi in chiave decorativa è infine il Delfino: persiste in Trionfi di Galatea e fontane un’ iconografia mostruosa creata dal Manierismo e sopravvissuta nelle corti barocche.

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