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Animali Parlanti

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Rivestire le proprie caratteristiche di forme estranee è uno dei modi più diffusi di autoanalisi di una società civilizzata: quella animale è la più efficace maschera umana.

La tendenza a proiettare caratteristiche umane sugli animali è una costante: del nostro immaginario la forma più codificata è l’animale parlante, topos molto diffuso o in letteratura e nel mondo figurativo popolare ed infantile. I filoni seguiti sono la favola e la satira: si va dalle miniature ai codici delle fiabe  classiche all’Invasione degli Orsi di Sicilia di Dino Buzzati, per giungere ai fumetti zoomorfi del primo Novecento.

La sovrapposizione dei tratti fisici e psicologici di uomo e animale è molto pregnante anche nella fisiognomica: si pensi alle tavole metamorfiche di Gianbattista Della Porta e di Charles Le Brun. Molto interessante è l’allegoria dell’asino: diffusa in tutti i tempi, arriva a Pinocchio passando per Apuleio e Shakespeare. L’ibrido con la testa d’asino e il corpo di uomo rappresenta il rovesciamento dell’animale parlante: è un uomo che, emettendo solo ragli ,non riesce a farsi capire. Come l’animale delle favole di Fedro ed Esopo mostrava dei comportamenti tipici della società umana(per lo più tecniche di sopraffazione), così l’uomo animale, di gran lunga più frequente nell’arte moderna e contemporanea, rivela un modo amarissimo di vedere l’ umanità. Ma il travestimento e l’ibridazione implicano lo sforzo di trovare parti più autentiche: esemplari in questo senso  le smarrite mostruosità di Kiki Smith e i magnifici ritratti fotografici di Daniel Lee e Haspassio Haroniki. Il mostro può essere la nostra personalità, il nostro inconscio.

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